Sviluppo e stampa – miniguida alla stampa in digitale

Anche se pochi lo ammettono, se c’è una “seccatura” nella fotografia digitale questa consiste proprio nel dover prendersi cura delle proprie immagini oltre lo scatto, diversamente da quanto accadeva in passato con la vecchia pellicola.
Infatti, laddove il compito del fotografo si esauriva nella scelta del miglior laboratorio e, al massimo, in qualche indicazione per quanto riguardava sviluppo e stampa (soprattutto in caso di bianco e nero), oggi ci si trova di fronte a complessi programmi di fotoritocco che se da un lato consentono di migliorare la qualità delle immagini, dall’altro aprono un nuovo fronte di competenze, assorbendo anche un gran numero di ore di lavoro.
Artigiani dell’Immagine
Anche se suona come un paradosso, l’utilizzo delle moderne e sofisticata tecnologie digitali ha finito per rendere la figura del fotografo prossima a quella di un artigiano, anche se in questo caso sarebbe più corretto parlare di un cyber artigiano. A meno che non possiate permettervi in photo editor personale, infatti, oggi è bene tenere presenti anche questi aspetti, tanto più se si considera la potenza degli strumenti di post produzione attualmente in circolazione. non è una caso che un pò tutte le principaliscuole di fotografia si siano organizzate modificando i propri programmi di studio proprio in funzione della necessità di affrontare i temi legati a quello che potremmo definire lo sviluppo digitale delle immagini. Saper gestire correttamente i propri file anche oltre la fase di scatto vera e propria non significa solo conoscere gli strumenti di editing e fotoritocco, ma anche avere una buona consapevolezza tecnica complessiva in tema di digital imaging. Specie i fotografi professionisti devono oggi sapersi confrontare senza problemi con temi come la calibrazione, la profondità di colore, lo spazio colore, le tecnologie di compressione e così via.
Fotoritocco
Prima di conoscere più da vicino gli stumenti chiave per l’editing fotografico, è bene chiarire subito quali secondo noi siano il limite di demarcazione da non oltrepassare per non sconfinare dalla fotografia alla digital art. La potenza degli attuali software di editing è tale da consentire di modificare la realtà senza che sia possibile percepire l’inganno o quasi. L’esempio classico è quello delle foto pubblicitarie, dove sempre i corpi già statuari di modelli e modelle sono ritoccati per renderli simili a quelli di una divinità greca. Detto che spesso in materia il fine giustifica i mezzi, a nostro avviso vale quanto asserito da un grande della fotografia, Michael Nick Nichols, che a proposito di un fotoritocco ha detto: “si può fuorchè spostare anche un solo pixel“. Un concetto in linea con la storia della fotografia che si è sempre avvalsa di accorgimenti e soluzioni tecniche, sia in fase di scatto, sia di sviluppo e stampa, per rendere migliore la qualità delle immagini.Via libera, dunque, a variazioni del colore, della luminosità, del contrasto, dell’esposizione, ma divieto assoluto di alterare la composizione o l’inquadratura, con l’unica eccesione del cropping, per il quale ci sono comunque delle regole.
Primo dilemma: RAW o JPG?
Chi possiede una macchina reflex o una compatta di buon livello può probabilmente scegliere se registrare le proprie immagini digitali in formato JPG compresso secondo diverse modalità o in formato RAW. Con questo termine, che significa letteralmente “grezzo“, si intendono quei file che contengono tutte le informazioni registrate dal sensore e dalla macchina al momento dello scatto. Si tratta di file di maggiori dimensioni e che pertanto consentono un maggior numero di opaioni in fase di editing e post produzione. In teoria a meno che non apparteniate a quella cerchia di utenti che di fotoritocco non vogliono nemmeno sentir parlare, i file raw sono sempre la scelta migliore perchè consentono id lavorare su un numero di informazioni migliori rispetto a quelle dei corrispettivi JPG che sono già il frutto di una serie di selezioni operate dalla macchina stessa al momento di generare il file prima della sua memorizzazione sulla scheda. Il difetto del file RAW, oltre alle dimensioni, sta nel fatto che la loro elaborazione è possibile solo attraverso l’uso di un software fornito direttamente dal produttore della macchina o come nel caso delle applicazioni di Adobe. Visto che sono le soluzioni professionali come queste ultime a garantire gli strumenti e i risultati migliori, ne consegue che chi vuole scattare in RAW deve mettere in conto anche la spesa necessaria per l’acquisto di un psogramma ocme per esempio Lightroom oPhotoshop. Tra gli altri “difetti” di questo tipo di file si segnalano la necessità di usare schede di memoria di dimensioni maggiori e la diminuzione delle prestazioni delle forocamere in modalità “raffica”.
Generalizzando, e tenendo presente quanto detto fin qui, il consiglio è quello di usare il formato RAW solo quando si lavora agli alti ISO, quando si ha bisogno di gestire al meglio tutti i parametri principali dell’immagine (still life e foto in studio in generale) e quando si opera in manuale.
Quale Software
Di solito quando si parla di fotoritocco siamo tutti portati a cercare soluzioni open source e freeware, ma è complicato fare a meno di nomi illustri come Photoshop. Infatti, se è vero che esistono sul mercato pacchetti meno costosi come per esempio Paint Shop Pro di Corel, o del tutto gratuiti come Gimp, è difficile negare la differenza di potenza degli strumenti messi a disposizione. I fotoamatori più esigenti, o chi ha mire profesisonali non può pertanto pensare di fare a meno di una copia di Photoshop o Lightroom. A proposito di questo amletico dubbio, ossia su quale delle due soluzioni Adobe puntare, dopo più di un anno di vita è possibile trarre un bilancio più completo su quello che molti avevano erroneamente accolto come una brutta copia di Photoshop. Lightroom, si è dimostrato un prodotto comodo per chi gestisce grandi quantità di immagini. L’interfaccia a misura di fotografo e, ovviamente, la potenza dei suoi strumenti lo rendono oggi una soluzione più intelligente rispetto al fratello maggiore Photoshop. Quest’ultimo ha assunto ormai dimensioni ciclopiche, diventando molto di più di un software di fotoritocco. Sebbene possa vantare di un numero molto più alto di funzioni e strumenti, in molti casi questi non riguardano direttamente le esigenze tipiche dei fotografi e lo rendono più complesso rispetto ai flussi di lavoro preordinati di Lightroom. A far pendere la bilancia a favore di quest’ultimo, poi, interviene anche il fattore costi.
Stampa
Quello della stampa è il settore che più ha subito i cambiamenti imposti dal passaggio al modello digitale. Il primo effetto è stata una netta diminuzione del lavoro per i laboratori tradizionali, messi in crisi in un primo momento soprattutto dalla disponibilità di stampanti personali. Quindi, in una seconda fase, gli utenti, anche un pò delusi dal miraggio della stampa “fai da te”, hanno cominciato nuovamente a rivolgersi a lavoratori specializzati, ma, dati alla mano, per un volume di stampa inferiore a quello dei tempi della pellicola. La ragione è semplice: le foto digitali vengono viste direttamente sui computer, tantopiù che l’uso di internet ha aperto la porta ad applicazioni che permettono di condividere il proprio lavoroben oltre la portata dell’album fotografico..
Stampa Personale
Per quanto riguarda i sistemi a getto d’inchiostro, con le dovute differenze tecniche, i tre brand tipici del mercato, ossia Canon, Epson e HP, hanno ormai raggiunto standard qualitativi molto elevati anche nella cosiddetta fascia consumer. Lasciando fuori plotter e altre soluzioni professionali dai costi improponibili per i fotoamatori, tutte e tre le principali case garantiscono un’offerta di modelli di fascia alta capace di soddisfare anche i più esigenti. Gocce da un solo picolitro di diametro, inchiostri ai pigmenti a lunga durata e l’introduzione di carte speciali di qualità via via superiore consentono davvero grandi risultati fino al formato A3+. Certo, nonostante i costanti miglioramenti dei driver e delle relative interfacce, riprodurre una fotografia in modo corretto e con unacalibrazzione del colore degna di questo nome non è proprio un gioco da ragazzi.
I risultati migliori si ottengono imparando a gestire una a una tutte le opzioni messe sul campo così da adattarle alla perfezione alle diverse scelte possibili. Prodotti di questo tipo sno pertanto adatti soprattutto a chi ha bisogno di realizzare provini e stampe di qualità in qualsiasi momento e in tempi accettabili. Una stampante fotografica di buon livello in formato A4 si rivela invece ancora utile al fotoamatore che vuole verificare l’esito dei propri interventi in post-produzione prima di portare i file presso il laboratorio di stampa. Se usate in modo corretto, queste getto d’inchiostro hanno il vantaggio do offrire un costo per pagina accettabile, anche se di solito decisamente più alto di quello dichiarato dal produttore per ragioni di marketing.
Laboratorio
La stampa del laboratorio fotografico resta a mio avviso la soluzione più comoda e forse più conveniente per le stampe finali. A meno di non scegliere laboratori “express” che sfornano foto in modalità completamente automatica, un laboratorio fotografico serio permette di ottenere una stampa calibrata per le proprie immagini. Un aspetto importante di quando si parla di colori, ma che può divenire fondamentale se invece ci si riferisce al bianco e nero. Diversamente, considerando i progressi compiuti dalle tecnologie InkJet di fascia alta, l’ipotesi stampa fai-da-te torna di attualità, poichè consente di realizzare stampe calibrate su ciascuna immagine. Un discorso a parte lo meritano i servizi per l’on-line printing, che sono invece un’ottima soluzione per risparmiare tempo e talvolta anche denaro Naturalmente, occorre valutare se il prezzo del servizio on-line risulta davvero più competitivo di quello del classico laboratorio “stampe in 30 minuti”.
Accorgimenti tecnici
Chi sceglie di dotarsi di una getto d’inchiostro fotografica, se tiene a fare le cose veramente per bene, dovrebbe cercare di calibrare al meglio il proprio sistema “macchina-monitor-stampante“, pena frustranti e costose ricerche empiriche della corretta calibrazione tra i colori.
Per riuscire in questa impresa, si possono tentare diverse strade, ma quella che garantisce risultati migliori passa per l’acquisto di un software specializzato, meglio se fornito insieme a uno strumento capace di “leggere” il colore del monitor. Una volta trovata la corretta corrispondenza tra ciò che si vede a video e ciò che si ottiene sulla carta, bisogna poi tenere a mente che in ogni caso la stampa risulterà con un livello di contrasto leggermente inferiore a quello visualizzato sul monitor. Per questo motivo,quando si prepara un’immagine digitale per la stampa è buona regola, oltre che crearne una versione CMYK, aumentarne leggermente il contrasto rispetto a quanto risulterebbe necessario a occhio nudo. Se usate una maschera di contrasto, intervenite a questo scopo sul Fattore, impostando su valori compresi tra 120% e 200%, tutto dipende da l tipo di immagine.
Driver si, dirver no
I produttori tendono sempre più a semplificare ogni operazione all’interno dei propri complessi sistemi di stampa e relativi driver software. nella stessa misura e per le stesse ragioni, la tendenza è anche quella di farcire i propri driver con tecnologie capaci di rendere la vita più semplice agli utenti attraverso l’uso di algoritmi in grado di ottimizzare l’immagine, per esempio aumentando la brillantezza dei colori o applicando un effetto di anti-aliasing laddove necessario. Si tratta di soluzioni che danno in media buoni risultati, ma che ovviamente devono essere escluse o disattivate quando ci si accinge a stampare file che sono già stati ottimizzati in fase di post produzione.
Archiviazione
Quando si parla di archiviazione sono i particolari a contare di più. visto che l’avvento del digitale ci ha privato di un archivio “fisico“, la sopravvivenza nel tempo dei nostri file è affidata a un numero cospicuo di dispositivi digitali, ciascuno con caratteristiche differenti. L’ideale è in ogni caso optare per un doppio backup. su due DVD, per esempio, oppure su due media differenti, quali dischi fissi esterni e on.line. L’esperienza mi porta a suggerire ai professionisti, ma anche a colore oche non vogliono prendersi il rischio di perdere i propri ricordi, di adottare addirittura tre diverse misure, ossia CD eDVD, dischi fissi esterni e soluzioni on-line.
Masterizzazione
Si tratta del sistema più a buon mercato, ma il suo utilizzo richiede una certa quantità di tempo. Infatti la masterizzazione deve essere impostata per evitare la registrazione dei dati alla massima velocità possibile (che genera quasi sempre piccoli errori). 8x è un valore “sicuro” per i CD, mentre 4x va bene per i DVD. Rispetto a questi ultimi, decisamente comodi per chi usa schede da 4BG, in realtà risultano meno “affidabili” dei più piccoli CD per ragioni legate ai diversi formatiesistenti. In ogni caso, evitate sempre dischi riscrivibilie, soprattutto impostate il programma di masterizzazione affinchè proceda automaticamente alla verifica dei dati registrati.
Poichè CD e DVD sono supporti ottici delicati, dopo aver masterizzato in duplice copia le immagini e aver testato la funzionalità dei dischi riponeteli nelle apposite custodie e quindi in un luogo asciutto, lontano da sbalzi di temperatura e della luce.
Dischi fissi esterni
Una soluzioone che offre molti vantaggi, ma che espone il backup a maggiori rischi. I dischi fissi si possono infatti rompere e quelli esterni possono denunciare guasti non solo per quanto riguarda la propria componente di memoria, ma anche per quanto concerne controller e alimentazione elettrica. Dal punto di vista economico, invece, il crollo dei prezzi degli hard disk ha reso questi dispositivi decisamente più convenienti che in passato, al punto da far loro vincere la classifica del costo per gigabyte (0,20 €) anche rispetto ai DVD (0,30 €). Iltransfer rate decisamente più elevato rende però allettante la prospettiva di disporre anche di un archivio su disco fisso, anzichè solo su DVD, soprattutto se si punta su dispositivi Firewire. Per quanto riguarda la scelta, l’importante è verificare che l’unità utilizzata all’interno corrisponda a un modello di fascia medio alta o alta. Per non correre rischi, chi ha una certa familiarità con cacciaviti e pc può optare per l’acquisto di un telaio vuoto, e separatamente, di un disco fisso di propria scelta. Da evitare invece i dischi fissi portatili realizzati con componentistica notebook. Sono perfetti per backup volanti o simili, ma non vanno bene per operazioni di backup a lungo termine per due motivi: un MTBF più basso dei corrispettivi desktop e la maggiore difficoltà di connessione al pc, nel caso di rottura del controller o del sistema di alimentazione. Infine, se optate per il backup su disco fisso esterno, ricordatevi che dovrete usare queste untià esclusivamente per il backup e non per il lavoro di tutti i giorni. Dunque dopo aver trasferito le immagini da e verso il disco fisso del pc, l’hard disk esterno va immediatamente riposto in un luogo sicuro.
Soluzioni on-line
Le soluzioni basata ul web hanno innumerevoli vantaggi. Il primo più banale e scontato è che si può far affidamento su sistemi di backup decisamente più sofisticati, dal momento che è lecito presumere che servizi come per esempio flickr si tutelino in tal senso molto meglio di quanto non possa fare un comune mortale. Inoltre i sistemi on-line permettono di accedere al proprio archivio digitale da qualsiasi luogo nel mondo e non necessareamente dal monitor del proprio PC. l’unica cosa che serve è una connessione a interne, meglio se a banda larga e di tipo flat per mantenere i costi sotto controllo e non perdere troppo tempo per l’upload e il download dei file. A queste condizioni si può tentare la strada on-line sostanzialmente in due modi:sottoscrivendo un abbonamento annuale come quello di Yahoo!, piuttosto che utilizzando uno spazio FTP di propria pertinenza. Anche se molti non se ne rendono conto, al momento di registrare e acquistare un dominio personale si entra in possesso anche di una quantità di storage (variabile a seconda del cotnratto) che permette di crearsi un proprio archivio on-line, cui accedere semplicemente tramite un client gratuito come per esempio Filezilla.
Su internet
L’elenco dei siti che offrono servizi di successo per la fotografia è praticamente infinito, ma in questa sede mi limiterò a citarne tre che rappresentano dei punti di riferimento, ciascuno nel suo ambito.
Flickr, il re delle fotocommunity
Servizio per l’archiviazione on-line, flickr si è via via evoluto in uno dei principali social network, sebbene lo faccia mettendo in relazione soprattutto gli appassionati di fotografia. L’applicazion di cui esiste una regolare versione gratuita, consente di accedere a una serie di strumenti per la gestione dell’upload e dell’archivio, cui aggiunge un cospicuo set di funzioni per così dire di relazione. Chi lo desidera può infatti dar vita a una serie di community nella community dando vita a gruppi amministrati secondo regole decretate direttamente dagli amministratori. Il mezzo ideale per conoscere per esempio appassionati del medesimo genere fotografico o soggetto, così come per creare veri e propri contest on-line. Divertimento dunque, ma anche scambio di informazioni e la possiblità concreta di migliorarsi tecnicamente tramite il confronto con altri utenti. Ottime le opzioni accessorie, come il geotagging o le soluzioni di archiviazione su CD e printing. Meno interessante, invece, sotto il profilo economico:flickr non è pensato per mettere in mostra e vendere le proprie immagini e anzi da questo punto di vista non più i rischi che le opportunità Se c’è un servizio on-line che ha avuto un impatto consistente sul mercato della fotografia professionale, questo è certamente iStock che non a caso è presto diventato l’archetipo per una serie di concorrenti/imitazioni. É difficile avere la percezione del fenomeno se non si è in qualche modo coinvolti direttamente nel mercato editoriale e della fotografia, ma per capirlo basta di solito ricordare che su iStock si vende in media 1 immagine ogni 1,4 secodni, cioè oltre 60000 immagini al giorno. Il segreto di questo successo? Il prezzo basso applicato alle immagini, l’ampio database di illustrazioni e fotografie, e la velocità tipica del web, con il file recapitato direttamente sul proprio desktop, pochi istanti dopo averne confermato l’acquisto. Una vera manna dal cielo per grafici editoriali e creativi web e non; una vera “mazzata” inaspettata sulle grandi agenzie fotografiche di stock che hanno visto sfumare parte del proprio business. Per iscriversi e giocare le proprie carte ci vuole solo un pò di coraggio: istock è aperto a tutti.
Dei tre servizi citati Imagekind è il più giovani ed appartiene in qualche modo alla scuderia di Flickr: grazie a un accordo con Yahoo!, l’account gratuito è accessibile usando le stesse user ID e password valide per Flickr. Si tratta di un tentativo intelligente di piattaforma e-commerce aperta a tutti i fotografi professionisti e non. Il sito si propone come strumento di vendita di stampe con tanto di passepartout e cornice in diversi materiali, design e colori. Un servizioche stando alle statistiche sta riscuotendo un successo via via maggiore, soprattutto nei mercati nordamericani. Un modo per verificare l’interesse del proprio portfolio o per promuoverlo anche su mercati diversamente impossibili da raggiungere. In due parole: da provare.
I contenuti e le notizie riportate in questo articolo sono state tratte dalla rete10