Sapio marketing

Fare marketing in maniera diversa è possibile? Introduco il concetto di Sapio Marketing, auspicandomi che una rivoluzione culturale arrivi a sconvolgere l’universo della comunicazione in un periodo di forte incertezza per tutti noi. Ma partiamo dall’inizio.
Ogni tanto mi fermo e osservo. Mi capita quasi sempre quando passeggio per strada, specie nei posti nuovi dove non sono mai stato. Guardo le vetrine, le insegne, la comunicazione sui manifesti e tutto ciò che cerca di “parlarmi” o che almeno ci prova.
No, non sono impazzito, non del tutto almeno; è solo che mi piace farmi trasportare dal marketing e relazionarmi con esso.
In questo periodo storico, però, le cose non vanno molto bene, o almeno così sembra. La comunicazione delle aziende sembra mancare di efficacia. Ma più che di efficacia, mi sembra che manchi la voglia di comunicare.
Gli strumenti ci sono e sono pure parecchi: c’è il viral marketing, il buzz marketing, lo street marketing, il guerrilla marketing e chi più ne ha più ne metta, ma i contenuti che fine hanno fatto?
La filosofia del marketing ha spostato l’attenzione della comunicazione prima dal brand al prodotto e successivamente dal prodotto al consumatore. Ma non è nulla di nuovo. Il consumatore è colui che “consuma” il prodotto, che decide se acquistarlo oppure no. E le aziende devono adeguarsi alle esigenze degli stessi, ponendone i bisogni al centro della strategia di comunicazione.
Le aziende usano i bias cognitivi o almeno dovrebbero
Un bias può essere inteso come una interpretazione della realtà distorta allo scopo di alterare il giudizio e conseguentemente influenzare una decisione.
Esso si attiva grazie a un’esperienza diretta. Più è stata segnante nella mente del consumatore, più vengono scatenate credenze e schemi mentali difficili da scardinare.
È palese ormai che il rapporto tra marketing e psicologia sia molto forte in qualsiasi processo di acquisto e non da poco i bias vengono studiati e analizzati per poter trarre il massimo dalla comunicazione.
Psicologicamente un consumatore diventa “più vulnerabile” in un momento ben preciso, ovvero quando sta per perfezionare il proprio acquisto.
Cartelli, scritte, banner che inneggiano all’ultimo prodotto disponibile o all’ultimo giorno rimasto per avere lo sconto possono influire ed essere davvero determinanti.
Tutti dovrebbero imparare a riconoscere i bias cognitivi: i venditori per poterli padroneggiare e i consumatori che, comprendendoli, possono scegliere in maniera più consapevole se effettuare o meno gli acquisti.
I bias più comuni sono i seguenti:
Bias di ancoraggio: il consumatore prende come riferimento il primo risultato della sua ricerca. Il secondo risultato sarà sempre valutato in funzione del primo rendendolo più o meno conveniente. Un esempio sono i cartellini dei vestiti con il prezzo barrato e il nuovo prezzo ribassato. Più è alta la percentuale di sconto, più avremo la percezione che stiamo facendo un affare.
Bias di conferma: i consumatori tendono sempre a ricercare informazioni che confermano quello che già pensano. I politici, ad esempio, usano questo bias nelle loro campagne elettorali: per acquisire consensi cavalcano il pensiero delle masse o almeno ci provano.
Bias della cornice: questo bias è il mio preferito ed è quello che ritrovo più spesso. È molto semplice da capire con un esempio: se dovessimo sottoscrivere un abbonamento annuale e dovessimo scegliere tra uno da 200 e l’altro da 230 euro, la nostra scelta sarebbe orientata verso quello da 200 perché ci sembrerebbe il più economico e sarebbe sicuramente conforme a quelle che sono le nostre esigenze primarie. Se ai piani di abbonamento il venditore ne affiancasse un altro da 310 euro, allora la nostra mente sarebbe orientata ad acquistare quello da 230 perchè con soli 30 euro in più avremmo la percezione di acquistare quello più conveniente, più performante di quello più economico e decisamente non costoso come quello da 310.
Bias della riprova sociale ovvero se va bene per gli altri può andare bene anche per noi. Parliamo dunque di recensioni, valutazioni e i commenti sui prodotti acquistati. Questo bias è anche definito “effetto carrozzone” e non è difficile intuirne il motivo.
Recenti statistiche confermano che il 91% di chi acquista online si lascia influenzare dai commenti di chi ha acquistato prima di lui.
Esiste poi il bias dell’ingroup che è direttamente collegato a quello precedente. I consumatori non solo prendono in considerazione chi lascia la propria opinione ma si affidano completamente a ciò che pensano persone o gruppi di persone che ritengono simili a loro. Un grafico riterrà molto influente l’opinione di un altro grafico nell’acquisto di un monitor rispetto alla stessa opinione lasciata però da un programmatore.
Infine c’è il bias della salienza, che in pratica riguarda la tendenza a esprimere giudizi e quindi a trarre delle conclusioni in base alle caratteristiche evidenti, salienti per l’appunto. Questo bias è molto potente in quanto riesce a influenzare non solo il singolo consumatore ma può essere utilizzato su larga scala ed attivare altri bias. Nel mondo del marketing alcuni esempi possono essere dati dalla Apple la cui mela per alcuni conta forse più della stessa tecnologia, dal cavallino della Ferrari o dal colore rosso della Coca Cola. Questi elementi stimolano una reazione emotiva e sono in grado di delineare le scelte di acquisto.
Marketing e filosofia
Secondo l’Oxford Languages la filosofia consiste in ≪un’attività spirituale autonoma che interpreta e definisce i modi del pensare, del conoscere e dell’agire umano nell’ambito assoluto ed esclusivo del divenire storico≫.
Parliamo di filosofia, non di marketing anche se a me sembra più o meno la stessa cosa.
Si, perché chi lavora nel marketing (in quello con le palle – parafrasando un noto spot di qualche anno fa) deve essere un po’ filosofo, imprescindibilmente.
E nel marketing esistono varie filosofie: c’è quella della produzione secondo la quale bisogna produrre e distribuire bene in quanto i consumatori propendono sempre per i prodotti migliori e c’è poi la filosofia di vendita secondo la quale i consumatori acquistano maggiormente tutti i prodotti che sono fortemente promossi e c’è la filosofia del marketing con responsabilità sociale che oltre a preoccuparsi dei bisogni dei consumatori, deve abbracciare temi ad ampio spettro, come ad esempio quello dell’ecologia (di cui, prima o poi, parlerò in un articolo a parte).
Il termine “social marketing” è stato coniato da Kotler, riferendosi all’uso di principi e tecniche usate per promuovere un’idea o un comportamento sociale con o senza scopo di lucro.
Ne consegue dunque, che esso dovrebbe essere inteso come uno scambio win-win, cioè che soddisfa le esigenze e le aspettative di tutti gli attori dello scambio.
Alla luce di questo ragionamento, allora voglio provare a introdurre una nuova forma di marketing, coniando un termine che ad oggi mi sembra di non aver sentito dire a nessuno.
Lo chiamerò sapio marketing, facendo derivare la parola sapio dal latino sapiens -entis, ovvero che è ricco di sapienza, che ha molte e profonde cognizioni acquisite non soltanto con lo studio ma anche e soprattutto attraverso l’esperienza.
Il sapio marketing deve studiare i consumatori, le credenze e i valori. Deve connettersi col marketing sociale ed essere ecologico, cioè deve trarre conclusioni dalle relazioni tra gli individui e il loro ambiente naturale. È un marketing che si sviluppa in seguito alla lettura dei dati ma che mantiene una forte componente umana e soprattutto morale e responsabile.