Guida all’uso di una fotocamera reflex [2]

Programmi di scatto, ISO, micromosso e bilanciamenti
Parte 2 – Introduzione
Abbiamo iniziato a parlare, in questo articolo, Guida all’uso di una fotocamera reflex, di come funziona una fotocamera e di come è possibile sfruttarla al 100%, conoscendone i principi fondamentali di funzionamento. Proseguiamo ora con questa seconda parte, dedicata ai programmi di scatto e alle impostazioni basilari della fotocamera.
1. I programmi di scatto
Il programma di scatto è la modalità pratica con cui la fotocamera consente di gestire le coppie tempo/diaframma.
Qualsiasi reflex è dotata almeno dei seguenti programmi di scatto: programmato (P), a priorità di tempi (Tv), a priorità di diaframmi (Av), manuale (M).
In modalità programmata, la fotocamera sceglie sia tempo sia diaframma, lasciando però al fotografo la possibilità di sovra o sotto-esporre e di cambiare la coppia tempo/diaframma impostata. Tipicamente, la pressione a metà corsa del pulsante di scatto attiva l’esposimetro, che propone una coppia tempo/diaframma “centrale”; ruotando la ghiera principale in un senso o nell’altro ci si sposta verso i due estremi della scala. É un programma generico, valido per le occasioni più comuni.
In priorità di tempi, il fotografo sceglie il tempo di posa a priori, e la macchina regolerà il diaframma di conseguenza (a patto ovviamente che sia possibile). É la modalità migliore per concentrarsi sul movimento del soggetto, sia che lo si voglia evitare (utilizzo di tempi brevi con soggetti in movimento per evitare il mosso) o evidenziare (utilizzo di tempi lunghi per un “panning”).
In priorità di diaframma, al contrario, il fotografo sceglie il valore di apertura e la macchina, di conseguenza, il tempo. Controllando l’apertura, e quindi la profondità di campo, questa è la scelta più indicata quando l’area che risulterà a fuoco è essenziale, ad esempio per ritratti e paesaggi. Tutti questi programmi consentono, oltre alla scelta della coppia, di effettuare un’eventuale compensazione dell’esposizione.
In modalità manuale, infine, il fotografo sceglie manualmente sia tempo che diaframma, mentre la fotocamera da solo un’indicazione di quanto si è lontani dal valore che lei ritiene corretto – tipicamente tramite un indicatore che si muove su una scala a zero centrale. Il lato destro della scala, compensazioni positive, corrisponde a sovraesposizioni. Ad esempio, passare da 250 – f/4 a 125 – f/4 o da 250 – f/4 a 250 – f/2.8 equivale a sovra-esporre di 1 stop. Viceversa per il lato sinistro della scala.
La modalità manuale, in generale poco pratica, ha il pregio di consentire scatti molto sovra o sotto-esposti, mentre la compensazione dell’esposizione utilizzabile con altri programmi è in molti casi limitata a ± 2 stop; inoltre, non variando automaticamente né tempo né diaframma, consente di effettuare misurazioni con diverse inquadrature e ricomporre l’immagine senza perdere l’impostazione originaria, come spiegato a proposito degli esposimetri a media e dei controluce.
Le compatte, e anche molte reflex, oltre a questi programmi di scatto ne aggiungono spesso molti altri, specifici per determinate situazioni (spiaggia/neve, notte, compleanno, fuochi artificiali, ritratto, paesaggio ecc). Questi hanno lo scopo di semplificare la vita al fotografo ma, in termini di possibilità di scatto, non aggiungono nulla ai 4 programmi principali appena citati; in effetti, non fanno altro che applicare sommariamente i pochi concetti base fin qui esposti. Ad esempio, il programma spiaggia/neve effettuerà una sovraesposizione (sfondo chiaro equivale a controluce), notte utilizzerà i tempi più lunghi a disposizione, altrimenti inibiti dalle compatte per evitare il mosso accidentale, ritratto utilizzerà una coppia con diaframma aperto e così via.
2. La sensibilità ISO
Tornando per un attimo all’analogia del bicchiere da riempire d’acqua, la sensibilità rappresenta la dimensione di quel bicchiere. Alta sensibilità significa che sarà necessaria meno luce per ottenere la giusta esposizione. La sensibilità si misura in ISO, e i valori più comuni sono: 50, 100, 200, 400, 800, 1600, 3200 ISO. Passando da una sensibilità alla superiore, la luce necessaria si dimezza, il che equivale a dire che sarà necessario uno “stop” in meno.
ISO 100 200 400 800 1600
Tempo 15 30 60 125 250
Diaframma f/4 f/4 f/4 f/4 f/4
Supponendo di avere montato un obbiettivo di apertura massima f/4, passare da 100 ISO a 1600 ISO significa passare da 1/15 di secondo – cioè una foto quasi sicuramente mossa se non si utilizza un cavalletto – a 1/250 di secondo, un tempo di tutta sicurezza.Sembrerebbe, quindi, che utilizzare alte sensibilità sia sempre consigliabile. In realtà, all’aumentare della sensibilità aumenta anche il “rumore” elettronico presente nella foto, che ne peggiora drasticamente la qualità. In linea di massima, la sensibilità va quindi regolata sul valore minimo che garantisca di poter utilizzare il tempo di sicurezza.
3. Micromosso e tempo di sicurezza
Abbiamo accennato al fatto che, anche in presenza di soggetti immobili, come un paesaggio, esiste un tempo massimo “di sicurezza” che non è consigliabile superare senza l’ausilio di un cavalletto per via dell’inevitabile tremolio delle mani del fotografo (il cosiddetto “micromosso”), che in foto produce una perdita di nitidezza molto simile a quella prodotta da una messa a fuoco sbagliata. Tale tempo di sicurezza dipende ovviamente dalla “mano” del fotografo, ma anche (e questo vale per tutti) dalla lunghezza focale. Utilizzando un teleobbiettivo, il problema del micromosso è maggiore, perché inquadrando un soggetto a distanza maggiore, lo stesso tremolio delle mani produrrà un effetto più evidente. Come regola generale, si indica a volte nei corsi di fotografia di utilizzare un tempo massimo che è l’inverso della focale, ad esempio non più di 1/60 se si utilizza un 60 mm, non più di 1/300 se si usa un 300mm. É una regola probabilmente troppo severa, ma rende l’idea.
4. Bracketing
Una funzione evoluta presente sulle fotocamere prosumer e molto utile è la cosiddetta esposizione a forcella, o “bracketing”. Attivando questa opzione, la fotocamera, alla pressione del pulsante, scatterà non una, ma tre foto in rapida successione, con diversi valori di esposizione: una con l’esposizione suggerita dell’esposimetro, una sovraesposta e una sottoesposta di una quantità impostata dal fotografo. É una buona soluzione da utilizzare quando si è incerti della lettura esposimetrica o per la foto “importante” che non si può assolutamente sbagliare. In genere, le fotocamere attuali ammettono bracketing di ±2 stop con incrementi di 1/2 o 1/3 di stop. A seconda del programma impostato, la fotocamera modificherà il tempo (se si lavora a priorità di diaframmi), il diaframma (se si lavora priorità di tempi) o entrambi.
I modelli più sofisticati consentono anche di effettuare il cosiddetto bracketing sulla sensibilità, mantenendo la coppia tempo/diaframma e variando la sensibilità.
Dalla teoria alla pratica
Ora che conosciamo tutte le regolazioni essenziali della nostra fotocamera, vediamo come mettere in pratica quello che abbiamo imparato con la preparazione “virtuale” dei nostri primi scatti.
1. Fasi preliminari
Prima di iniziare la sessione di scatto vera e propria, è necessario regolare alcuni parametri generici. Impossibile dare un’indicazione precisa vista la quantità di modelli in commercio, ma in genere queste regolazioni preliminari si effettuano tutte accedendo al menu principale. Qui mostriamo, a titolo di esempio, i menu delle fotocamere EOS, comunque indicativi anche per reflex di altre marche.
La qualità di registrazione dell’immagine è senz’altro uno dei più importanti. Qualsiasi fotocamera mette a disposizione un certo numero di possibilità, permettendo di intervenire su risoluzione e livello di compressione JPEG. Nel caso delle EOS, ad esempio, ci sono varie combinazioni tra tre risoluzioni (Large, Medium e Small) e due livelli di compressione, oltre al formato RAW…
Ovviamente, maggiore è la qualità impostata e minore sarà il numero di foto registrabili a parità di capienza della scheda di memoria. A titolo di esempio, su una scheda da 1 GB, una EOS 20D da 8 Mpixel può registrare circa 250 foto alla massima qualità JPEG, un numero tutt’altro che trascurabile. Considerato ormai il prezzo abbordabile delle memoria da 1 GB, non ci sono molte ragioni per impostare una qualità diversa dalla massima, almeno per le foto da stampare.
Una di queste ragioni, probabilmente l’unica rimasta, è la velocità: alla massima qualità il tempo di scrittura sulla memory card sarà maggiore (specie se si utilizza una scheda di memoria non velocissima), e di conseguenza il ritmo a cui si può scattare sarà ridotto. La scelta di una risoluzione inferiore può quindi essere una buona soluzione qualora si voglia scattare “a raffica”.
La modalità di messa a fuoco è un altro parametro da regolare. Due, solitamente, le modalità disponibili: singolo e continuo. Nel caso delle EOS, la modalità singola si chiama One-Shot, ed è la modalità più adatta a soggetti fermi. La modalità continua, che Canon chiama AI-Servo, segue i soggetti in movimento: mettendo a fuoco un soggetto, questo verrà “inseguito” se dovesse avvicinarsi o allontanarsi dal fotografo; funziona al meglio con soggetti in movimento a velocità circa costante, dalle traiettorie prevedibili (ad esempio un auto su un circuito). Sulle EOS è poi a volte presente una terza modalità, AI-Focus, che passa automaticamente dall’una all’altra quando si accorge che il soggetto sta iniziando a muoversi; è la scelta più adatta per fotografare soggetti dal movimento imprevedibile (ad esempio un bambino che gioca).
La scelta della modalità di messa a fuoco tramite ghiera su una EOS 33V. La modalità di selezione può variare in funzione del modello. La freccia indica il selettore per la messa a fuoco manuale, sul corpo dell’obbiettivo.
La sensibilità ISO, come già detto, dovrebbe essere impostata al valore più basso possibile, compatibilmente con l’esigenza di ottenere tempi di scatto che evitino il micromosso. Nella maggior parte dei casi, valori fino a 400 ISO danno buoni risultati, mentre valori superiori sono “a rischio” di degrado della qualità dell’immagine, specie con fotocamere compatte – quindi con sensore di dimensione ridotta – da 8 Mpixel e oltre. Maggiore la risoluzione del sensore a parità di dimensioni, infatti, maggiore sarà il problema del rumore ad alta sensibilità.
Essendo un parametro da modificare con una certa frequenza, sui corpi macchina più sofisticati è presente una regolazione veloce della sensibilità, che non costringe a entrare nel menu di impostazione.
2. Bilanciamento del bianco
Ultimo parametro da regolare, il bilanciamento del bianco. Come noto, il sensore reagisce diversamente alla luce, a seconda della sua lunghezza d’onda. Noi non ci accorgiamo di questa differenza perché il nostro cervello effettua una sorta di compensazione automatica, facendoci percepire gli oggetti bianchi sempre bianchi a prescindere dalla luce che li illumina, ma per le fotocamere non è così. Il tipo di luce viene classificato in base alla sua temperatura colore, in una scala che si misura in gradi Kelvin (K) e va (per quanto concerne la fotografia) da circa 3000K (luce artificiale delle lampadine a incandescenza) a 7000K (cielo nuvoloso e zone d’ombra). Il centro di questa scala può essere considerato 5500K, temperatura della luce solare a mezzogiorno. A basse temperature prevalgono i rossi, ad alte temperature prevalgono i blu. Se tarassimo la macchina fotografica per 5500K e fotografassimo alla luce di una lampadina, tutto apparirebbe giallo/rossastro; se fotografassimo all’esterno, all’ombra, tutto apparirebbe azzurro.
É compito del fotografo impostare la macchina per la giusta temperatura, e questo può essere fatto in 3 modi: impostando il bilanciamento automatico, scegliendo un preset o manualmente. L’uso del bilanciamento automatico non richiede particolari commenti, se non che ogni fotocamera ha i suoi punti deboli, e non sempre il bilanciamento automatico fa il suo lavoro a dovere
. Ad esempio, il bilanciamento automatico con le EOS 10D e 20D in presenza di luce a incandescenza restituisce dominanti rosse.
Più faticosa, ma generalmente preferibile, la scelta di un preset. Alcuni preset tipicamente presenti sono: sole, giorno (5500K); ombra (7000-7500K); cielo nuvoloso, crepuscolo, tramonto (6000K); neon, luce fluorescente (4000K); luce a incandescenza, tungsteno (3000K). Purtroppo, nemmeno con i preset si riesce sempre a ottenere il risultato desiderato. Si pensi ad esempio alla luce al neon: esistono neon con temperature colore molto diverse tra loro, e una generica impostazione “neon”, tipicamente tarata a 4000K, non può soddisfare tutte le esigenze.
In alcuni casi le fotocamere sono allora dotata di un bilanciamento personalizzato, che consiste nel fotografare un soggetto bianco (una parete, un foglio di carta) e di impostare il bilanciamento personalizzato indicando alla fotocamera quella foto scattata alla parete o al foglio di carta come bianco di riferimento. Avendo un “vero” bianco, la fotocamera effettuerà automaticamente le regolazioni necessarie.
Bracketing sul bilanciamento del bianco
Analogamente a quanto indicato a proposito del controllo esposizione, è possibile con alcuni modelli effettuare più scatti variando il bilanciamento del bianco. In questo caso, allo stesso scatto verranno applicate dalla macchina fotografica tre impostazioni diverse. Il tempo di scatto sarà quello di una sola foto, ma l’occupazione in memoria sarà ovviamente pari a tre foto diverse.
Conclusioni
Con questo si conclude la panoramica sui concetti di base della fotografia e sul principio di funzionamento di una fotocamera moderna. I concetti fondamentali sono pochi, ma noti questi pochi concetti, e con un po’ di fantasia e di sperimentazione si possono ottenere splendidi risultati. Prossimamente su queste pagine passeremo a illustrare alcune diffuse tecniche di ripresa.
Autore: Nicoletta Ghironi