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Gli elementi per creare uno storytelling efficace e coinvolgente

Gli elementi per creare uno storytelling efficace e coinvolgente

di Giovanni Sodano Marzo 27, 2022

Parlo di storytelling, e come al solito parto da lontano.

 

Non lo nego: sono ricoverato in un manicomio: il mio infermiere mi osserva di continuo, quasi non mi toglie gli occhi di dosso perché nella porta c’è uno spioncino, e lo sguardo del mio infermiere non può penetrarmi perché lui ha gli occhi bruni mentre i miei sono celesti.

Così inizia Il tamburo di latta di Gunther Grass. Con l’utilizzo della prima persona singolare l’autore narra la vicenda di un uomo (che in seguito si rivelerà essere un nano) finito in manicomio. È facile intuire da queste poche righe quale sarà il tono del romanzo che ci aspetta, della storia vissuta e raccontata da un personaggio strano e particolare.

L’incipit è l’inizio. Di un racconto, di un viaggio. È il momento in cui si intraprende qualcosa di nuovo; è la formula magica da cui dipende il grado di attenzione del nostro lettore. Nelle prime battute, infatti, il narratore pone le regole dell’universo narrativo che sta creando.

Uno degli incipit più noti della storia della letteratura è quello di MobyDick o la balena, di Herman Melville.

Chiamatemi Ismaele

L’autore sceglie di iniziare la storia con il nome del protagonista (che è un nome biblico) per dare un segnale forte, che ci porta lungo la strada dell’interpretazione di una metafora e che segna già dalle prime due parole un punto di non ritorno per la narrazione.

Già dopo poche pagine, infatti, ci rendiamo conto che i personaggi e l’ambientazione del romanzo hanno una forte valenza metaforica che evoca l’universo e i valori cristiani. Grazie all’incipit del romanzo, con “Chiamatemi Ismaele” riusciamo a comprendere le logiche delle successive seicento pagine.

Ma l’incipit è anche un’esca per il lettore, è un “gesto” che ci trasporta in un universo parallelo che risponde a regole ben precise e che soddisfa le nostre aspettative. L’incipit di un romanzo di genere deve contenere già tutte le atmosfere e i toni che costruiremo e non deve mai deludere il lettore. Attenzione però: non deve presentare tutti i personaggi, non deve esplicare tutte le tematiche e i concetti della narrazione ma deve essere una scintilla, una promessa e una potenzialità che le pagine successive metteranno a fuoco.

“Non fanno che ripetere tutti: il Cremlino, il Cremlino. Ne ho sentito parlare in tutte le salse, ma non l’ho visto nemmeno una volta. Quante volte (mille volte), dopo aver trincato o prima di avere smaltito una sbornia, ho attraversato Mosca da Nord a Sud, da Ovest a Est, da un capo all’altro, di sbieco e a casaccio, ma il Cremlino non sono mai riuscito a vederlo. Ed è andata a finire così anche ieri. E dire che ho gironzolato in quei paraggi per tutta la sera, e mica poi tanto ubriaco: sbucato fuori dalla stazione Savelovskaja ho, certo, mandato giù un bicchiere di Vodka del Bisonte come aperitivo, anche perché so che per esperienza diretta che come decotto mattutino al genere umano non è ancora stato dato d’inventare nulla di meglio”.

Vendict Erofeev in Mosca-Petuskì e altre opere introduce così il suo personaggio, la società in cui vive e l’universo narrativo in cui si muove. L’autore ci aggancia alla sua storia e al suo mondo. Ci fa capire che il suo personaggio ha problemi con l’alcool e vive in una quotidianità ben diversa da quella che conosciamo.  Ci fa capire che ci aspetta una realtà filtrata dagli occhi di un protagonista particolare da cui possiamo aspettarci davvero qualsiasi cosa.

 

E la tua storia come inizia? Qual è il tuo incipit?

Si dice che “Una storia è per sempre!”, o sbaglio? No, aspetta: questo riguarda le storie d’amore! Però, a pensarci bene, la storia è qualcosa che fa parte della tua vita quotidiana, che va al di là della sfera affettiva.

Sei d’accordo vero?

Allora sarai d’accordo anche sul fatto che svolge un ruolo fondamentale nella crescita personale. In fondo, sia io che te siamo cresciuti con le storie che ci raccontavano i nostri nonni, e da alcune di esse siamo riusciti ad assorbire insegnamenti che mettiamo in pratica ancora oggi.

Al di là dell’aspetto emozionale legato ai ricordi dell’infanzia, le storie aiutano a sviluppare l’immaginazione introducendo nuove idee, che possono riguardare mondi fantastici, altri pianeti, momenti diversi e personaggi inventati.

Plot twist: ma le storie proprio non ci sono, non esistono! Esistono vicende, avvenimenti che si susseguono incessantemente. Pensa a una giornata qualunque. Quante cose accadono? Decine.

Ora pensa a una storia. Cosa c’è di diverso rispetto a un evento, a una vicenda, a un avvenimento della tua giornata qualunque?

Sei tu.

Un fatto qualunque diventa una storia solo quando qualcuno è disposto a raccontarlo.

Si ok, ma cosa devi raccontare?

Prima di raccontare una storia devi scegliere gli elementi da narrare, i collegamenti logici che uniscono le scene principali e tutti i particolari che caratterizzano i luoghi e i personaggi.

Devi agire come se fossi un fotografo che, prima ancora di scattare, deve comporre con la mente la scena: devi pensare alla luce, all’angolazione e a tutti gli elementi che faranno della tua foto un capolavoro.

Attenzione però a non esagerare. Ogni storia deve essere una porzione di realtà per cui, che tu stia scrivendo un romanzo, un racconto, una poesia, un articolo per il tuo blog o un copy per un’adv, è necessario scegliere solo ciò che merita di essere raccontato. Non tutto, dunque, ma solo ciò che occorre per rispondere alle domande dei tuoi lettori.

 

Come nascono le storie?

Alcuni sostengono che le storie nascano all’improvviso “mentre si pensa ad altro”, e in molti casi hanno ragione. Parecchi narratori possiedono un’immaginazione tale da far concepire loro una storia anche, ad esempio, mentre osservano il soffitto della loro camera da letto.

C’è poi chi ha bisogno di chiudersi in casa, sedersi sulla poltrona preferita e stare concentrato davanti al monitor di un computer in cerca della giusta ispirazione.

Quasi sempre i narratori partono da uno spunto: un ricordo, un sogno, un profumo o un fatto di cronaca. Ma anche un viaggio, un paesaggio, un panorama, un tramonto o la propria esperienza.

Immagina di tornare da una vacanza e di iniziare a scriverne la storia. A mano a mano i tuoi personaggi potrebbero perdere i contorni reali ed assumere quelli dell’immaginazione.

Un consiglio, tuttavia, è quello di partire sempre da ciò che conosci bene, da un fatto che hai vissuto in prima persona e che puoi descrivere minuziosamente. Si, perché se non hai la piena consapevolezza di ciò che stai scrivendo, il lettore se ne accorge e può abbandonare la lettura.

Proprio come un bluff durante una mano di poker.

Ora ti faccio una domanda: hai mai sentito parlare dello storytelling? Se non è così, ti spiego io di cosa si tratta: è un’attività sociale e culturale di condivisione di storie, a volte in modo teatrale e improvvisando. Attraverso di esso, le persone si scambiano racconti, esperienze oppure soltanto informazioni.

La narrazione è insita nell’istinto umano. Ogni volta che impariamo qualcosa, sentiamo quell’impeto interiore che ci spinge a condividere il nostro sapere con gli altri, e per farlo spesso raccontiamo una storia.

Sicuramente saprai chi è Aristotele, vero? No! Quello è Aristoteles, l’attaccante della Longobarda di Oronzo Canà. Io mi riferisco al filosofo, vissuto in Grecia nel IV secolo avanti Cristo. Fu il primo a elaborare l’elenco degli elementi fondamentali per una buona narrazione, che sono ancora attualissimi.

 

Gli elementi della narrazione

Così come l’universo e il corpo umano sono regolati da quattro elementi (Fuoco, Aria, Acqua e Terra), che sono le fondamenta della vita stessa, lo è altrettanto la narrazione che, per essere efficace e creare quel senso di appartenenza alla storia che sta raccontando, deve camminare sulla loro scia e acquisire i loro tratti caratteristici.  Questi elementi valgono in qualsiasi occasione, anche quando si racconta un marchio o brand. Vuoi sapere quali sono? Bene, ti accontento subito!

 

La trama

Senza la trama, uno storytelling non può esistere. Lo definisce, gli dà un contorno e una sua luce esteriore. La trama è la parte più importante di ogni storia perché stabilisce le motivazioni, l’obiettivo e la strada che le persone stanno intraprendendo per raggiungere lo scopo finale.

Quante volte nella tua vita hai ascoltato una storia? Tante, suppongo. E quante volte sei entrato in empatia con il protagonista, ti sei a lui connesso, ne hai capito le caratteristiche e i dettagli sottostanti? Diciamo poche. Il motivo? Probabilmente perché la trama era troppo articolata per essere seguita a fondo. Invece, più semplice è e più una storia diventa buona.

 

La caratterizzazione dei personaggi

Sai bene quanto siano importanti i personaggi in una storia. Alla fine, sono delle persone che sono colpite dalla trama, che hanno le loro motivazioni, i loro tratti, la loro personalità, nonché debolezze e paure, e compiono azioni in base ai loro tratti psicologici. Tutti elementi questi che, una volta messi in moto, determinano il flusso della trama.

Devi sapere che una storia forte e intensa parte proprio dalla definizione precisa dei personaggi, la cui coerenza poi deve dipanarsi lungo il percorso narrativo in modo da creare empatia tra loro e il pubblico. È attraverso uno storytelling ben strutturato che la storia riesce a caratterizzare sé stessa attraverso i personaggi che racconta.

 

Il tema

Il tema è l’ambientazione in cui si svolge la storia e non va assolutamente sottovalutato. Influenza la percezione della trama stessa e fornisce un supporto diretto ai tratti dei personaggi, oltre a offrire al pubblico l’opportunità di capire le motivazioni e le paure sottostanti.

Se hai letto qualcosa di recente che ti ha particolarmente appassionato, non potrai fare a meno di notare un particolare: nonostante la storia abbia trama, personaggi e motivazioni in qualche modo identici ad altre, probabilmente ciò che alla fine ti ha entusiasmato è la sua tematica. Questo è ciò che faceva la Disney in passato: cambiava il tema della storia per differenziare una principessa Disney da un’altra.

Il modo in cui ognuno di noi scrive si chiama stile narrativo, o più semplicemente stile. Un bambino di 10 anni scrive in maniera diversa rispetto a un diciottenne o a un quarantenne; e il quarantenne scrive in maniera diversa rispetto a come scriveva quando aveva 10 e 18 anni.

L’età, in ogni caso, non è un limite. Alec Greve, scrittore svizzero, a nove anni pubblicava il suo primo libro, Come parlare alle ragazze, in cui scriveva: “Qualsiasi cosa accada non disperarti: le ragazze non amano i ragazzi che si disperano”.

In genere lo stile è il risultato del background culturale dell’autore, delle sue preferenze e evoluzioni verbali e linguistiche.

Scrivere una storia, un romanzo, ma anche una poesia nel corso del tempo, ci porta quasi sempre a rivedere, ogni volta, quanto scritto fino a quel momento, spesso senza riconoscerci più nelle parole che leggiamo. Ma questa è tutt’altra storia.

Aristotele ha prescritto una ricetta per tutti i narratori: prima bisogna definire e mettere a fuoco il tema, poi bisogna rendere il dramma e tradurlo in azioni e conflitti interni.

A volte può capitare che il tema centrale diventi chiaro solo dopo aver iniziato a scrivere. Ciò è possibile, ma non è possibile scrivere senza avere bene in mente ciò che si intende trasmettere.

Può sembrare scontato ma non è così. Chiarire a noi stessi ciò che vogliamo comunicare significa chiarirlo fin da subito anche al lettore.
Stiamo scrivendo un romanzo rosa, un thriller, una guida? Scriviamo gli elementi chiave: l’amore, la suspense, la chiarezza e teniamoli su un foglio davanti a noi.

Lasciamo poi che la storia nasca e si evolva, ma non rinunciamo mai ai nostri assiomi, ai nostri punti fermi. Pensiamo a chi dovrà leggere il nostro copy: il filo conduttore di ciò che scriviamo deve essere sempre ben chiaro per evitare di disorientare i lettori durante la narrazione.

Diverse scuole di scrittura anglosassoni insistono sulla necessità di sintetizzare il tema da veicolare a volte in poche righe, altre volte in una parola sola.

Pensiamo ad esempio al romanzo Misery di Stephen King, o al Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Generi diversi, stili diversi, epoche diverse ma entrambi con un filo conduttore che influenza le azioni dei personaggi dall’inizio dei romanzi fino al loro termine.
John Barth nel 2003 scriveva L’opera galleggiante. Il tema principale del romanzo è una decisione: il suicidio. L’autore ripete in maniera ossessiva che la decisione del protagonista è irrevocabile, e solo in questo modo egli riuscirà a sistemare tutti i problemi della vita. Il ritmo della storia è scandito proprio da questa decisione che tiene il lettore incollato al libro dalla prima all’ultima pagina.

Le domande che ti pongo, dunque sono le seguenti:

Quando scrivi, definisci a priori qual è il tuo tema centrale?
E soprattutto, il tema centrale influenza il tuo stile o è l’esatto opposto?

Il dialogo

Alcuni dialoghi di film ti hanno annoiato, vero? Ti sei mai chiesto il perché? Forse era la scelta delle parole nella storia a non essere adeguate, oppure è colpa del tono utilizzato. Fatto sta che non sono stati di tuo gradimento.

Il dialogo è l’elemento che consente alla storia di entrare in risonanza con il pubblico. I fattori che lo influenzano sono:

    • Il pubblico
    • Il messaggio
    • La piattaforma utilizzata per la distribuzione della storia

 

La melodia

In uno storytelling, la parola melodia è associata alla musica e all’audio. La sua funzione è di innescare determinate emozioni nella psiche del pubblico che, da parte sua, riesce a riconoscere o a farsi un’idea di ciò che sta per percepire e cosa può aspettarsi.

Se ti piacciono i film horror, saprai sicuramente l’effetto che può fare una melodia all’interno di una scena piena di suspense: la intensifica e aumenta la tensione interiore in chi assiste.

 

L’estetica visiva

L’estetica visiva del tema è tutto. D’altronde, il tuo cervello è predisposto per imparare visivamente. Che significa? Vedi le cose e impari a ricordarle. Di conseguenza, la grafica di una narrazione gioca un ruolo importante nello stabilire il modo in cui si svolgono la trama e i personaggi.

 

Lo spettacolo

Sai come si crea uno spettacolo di grande impatto? Rendendolo inaspettato, ma anche significativo per il pubblico. Ma c’è un però. Quale sarebbe? Ai suoi tempi, il grande Aristotele affermò: “Non deve essere mai consentito allo spettacolo di controllare l’intera storia”. È la trama che deve essere talmente forte da riuscire a portare avanti l’intera storia.

Ti faccio un esempio per farti comprendere meglio. All’interno dell’intero storytelling di Star Wars, c’è un particolare momento ne “L’Impero colpisce ancora” che ha colpito il pubblico: la rivelazione di Dart Fener a Luke Skywalker di essere suo padre. Fu uno shock per tanti, che però alla fine non influenzò la trama nel suo insieme.

 

Conclusione

Le storie sono fantastiche, sei d’accordo? Quando le ascolti, riescono ad aprire il tuo cuore e a espandere la tua mente. È ovvio che ci vogliono abilità speciali per raccontarla e grandi sforzi per coinvolgere il pubblico. Ma se utilizzi quanto letto sopra e se hai abbastanza fantasia, puoi diventare un narratore di storie di prim’ordine.

Ma vale la pena raccontare la tua storia?

Si e no. Tanto per cominciare scomodiamo il maestro argentino Julio Cortázar secondo il quale un tema valido da raccontare è quello che viene avvertito dall’autore in maniera particolarmente significativa, non soltanto per sé, ma anche per i lettori. Altri scrittori, invece, sostengono che sia più importante il modo in cui viene raccontata una storia piuttosto che la storia stessa e questo tipo di narrativa, in genere, utilizza uno stile asciutto, sobrio, scarno e con tratti leggeri, spesso lasciando tra le righe il vero senso della storia.

Un esempio di questa tecnica puoi trovarlo in Poe, nei racconti Il giardino nel paesaggio oppure Il pozzo e il pendolo. In questi racconti è possibile conoscere il carattere e le abitudini dei personaggi esclusivamente dalla descrizione dell’ambientazione.

L’amore e la morte sono i due grandi macro-temi intorno ai quali gravita ogni storia. Ogni narrazione, infatti, ha a che fare con almeno uno di questi due aspetti. Da Sherazade che intrattiene il suo carnefice raccontandogli storie per “allungare” la sua vita a Renzo Tramaglino che, per amore di Lucia sfida la famiglia, la società, la chiesa e la peste. Possiamo dire che ogni storia nasce per raccontare agli altri queste due grandi esperienze della vita umana in grado di racchiudere tutte le altre.

Definito ciò, facciamo un altro passo avanti nel nostro percorso. Parliamo di intreccio. La storia è un susseguirsi di eventi: “morì il figlio, poi morì il padre”; l’intreccio invece è una narrazione di avvenimenti dettata dalla casualità: “morì il figlio, poi, di dolore, morì il padre”. Il primo esempio risponde alla domanda “E poi?”; Il secondo, invece risponde alla domanda “Perché?”.

Alla nostra storia, perché valga la pena di essere raccontata, occorrono degli intrecci significativi molto più che le nostre intime considerazioni sulla vita; occorre un’architettura di nessi causali in grado di renderla avvincente fruibile ed equilibrata. A questo punto armiamoci del nostro storyboard e dei post-it e, come dei chimici, combiniamo gli elementi per una buona narrazione, per un ottimo storytelling.

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