Coronamarketing

Ho iniziato a scrivere questo articolo circa una settimana fa o forse di più, ma non importa.
Siamo ormai a metà marzo 2020, il numero dei contagiati da Coronavirus in Italia continua a crescere così come quello dei morti e dei guariti. Non che negli altri paesi ciò non accada, ma le informazioni che ci arrivano sono frammentarie, discordanti e spesso non attendibili. Ma non è questo il punto.
Il governo e le autorità adottano misure straordinarie per cercare di controllare l’espansione e la diffusione di quello che tutti dicono essere il flagello del secolo.
Gira su Facebook in questi giorni una vignetta che recita: “1720: peste, 1820 colera 1920: influenza spagnola, 2020: coronavirus”. Ma ahimè, per gli allarmisti, è una congettura sbagliata. Le date esatte sono simili ma non identiche: nel 1720 la peste ha letteralmente devastato Marsiglia facendo fuori la metà della popolazione; il colera, invece, è del 1817, mentre nel 1918 ha avuto inizio l’Influenza Spagnola. E’ solo un caso, quindi, che corra l’anno 2020.
Ma di materiale per gli allarmisti ce n’è in abbondanza. Dal Ted Talk di Bill Gates in maglioncino rosa, alla previsione della scrittrice Sylvia Browne nel suo libro “End of days” pubblicato del 2008:
Entro il 2020 diventerà di prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma, a seguito di un’epidemia di una grave malattia simile alla polmonite che attaccherà sia i polmoni sia i canali bronchiali e che sarà refrattaria a ogni tipo di cura.
Poi la scrittrice si lancia in un giudizio sugli effetti dell’epidemia e sulla sua evoluzione.
Tale patologia sarà particolarmente sconcertante perché, dopo aver provocato un inverno di panico assoluto – aveva sottolineato – sembrerà scomparire completamente per altri 10 anni, rendendo ancora più difficile scoprire la sua causa e la sua cura.
Anyway, scuole e università sono chiuse da un pezzo e forse riapriranno dopo Pasqua.
Nelle chiese, nelle piazze e nei locali pubblici vengono negate o quantomeno sconsigliate forme di associazionismo per qualsiasi scopo. Matrimoni, cresime, cerimonie vengono rimandate a data da destinarsi. Da ieri vedo alcune pattuglie dei militari che battono regolarmente le strade deserte. Non c’è traffico e si inquina di meno (e questo, senza dubbio, è un bene), ma il resto è confuso.
La situazione in continua evoluzione e varia di ora in ora. Il ministero della Salute cerca di dare aggiornamenti in tempo reale. Il nostro primo ministro è in diretta a sere alterne per emanare nuovi provvedimenti e misure restrittive.
Dunque, in che modo si trasmette il virus e quali sono i sintomi? Come si può evitare il contagio? Le famose e ormai introvabili mascherine servono sul serio? E i biglietti dei treni, degli aerei, gli abbonamenti agli stadi, alle palestre e ai teatri saranno rimborsati? Si, ok. Oggi non si dovrà pagare l’iva e le bollette (alcune bollette) saranno posticipate ma l’economia è praticamente ferma. Si produce poco e si consuma tanto.
Ma lascio agli addetti ai lavori queste questioni ostiche e vado avanti.
Il virus si affronta giorno per giorno
Dallo scorso dicembre, ovvero da quando sono stati rilevati i primi casi nella provincia cinese di Wuhan alcuni marchi (anche cinesi o collegati direttamente con la zona interessata) hanno deciso di adottare strategie di marketing differenti in linea con le informazioni e l’evolversi della situazione.
Alcuni sono spariti completamente dalle scene, altri hanno evitato di affrontare la questione nelle loro campagne (probabilmente già programmate da tempo) ed altri ancora, come ad esempio Lush, hanno approfittato del problema per portare gente “dentro” i loro negozi.
Ho letto qualche giorno su un quotidiano inglese la notizia che in Gran Bretagna il marchio ha lanciato una campagna marketing che invitava il pubblico a lavarsi gratuitamente le mani nei negozi lungo le strade senza però menzionare il virus in maniera diretta.
In una comunicazione ufficiale, l’azienda ha dichiarato che dal momento che sono universalmente riconosciuti come “Il negozio di profumi e saponi”, dal 28 di febbraio stanno utilizzando le loro vetrine per promuovere le linee guida per il lavaggio delle mani così come consigliato dal servizio sanitario nazionale.
Ma, tralasciando Lush, ciò che traspare è che la maggior parte dei marchi sembra essere incerta sul contributo da apportare.
Il marketing reattivo
Reattivo ho scritto, non positivo oppure etico, ma speculativo. Le mascherine e l’igienizzante per le mani ci mostrano in che modo la paura per la propria vita giochi nel marketing un ruolo fondamentale.
Da sempre il marketing ha due macro possibilità: soddisfare un reale bisogno delle persone oppure crearne uno che prima non esisteva.
La tecnica mediante la quale sentiamo letteralmente il bisogno di comprare qualcosa, che quelli bravi chiamano “fear arousing appeals” è costituita da tre punti ben precisi e piuttosto subdoli:
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- Minaccia – con questo virus sentiamo che la nostra vita è in pericolo
- Tensione – cresce di giorno in giorno. Le istituzioni e i media ci mettono in guardia ma non fanno che aumentare le nostre ansie e le nostre paure
- Soluzione – attraverso l’acquisto di uno o più prodotti che anche se non risolvono il problema, quantomeno ci rassicurano e ci fanno sentire meno minacciati
Il Coronavirus è entrato di forza nelle case di noi italiani e in particolar modo nelle nostre dispense. Dopo una delle ultime ordinanze del governo dove si invitava i cittadini a stare a casa e ad uscire solo per recarsi a lavoro e fare la spesa, i supermercati sono stati presi d’assalto e svuotati. Anche Amazon ad un certo punto non è più riuscito a far fronte alle consegne veloci e garantite, mentre Ebay in una nota ha fatto sapere che
In riferimento all’indagine penale relativa agli oggetti venduti su eBay.it a prezzi gonfiati a seguito dell’emergenza coronavirus in Italia, eBay conferma che sta collaborando con le forze dell’ordine nel rispetto di tutte le norme vigenti. eBay è una piattaforma che mette in contatto venditori e acquirenti: i prezzi dei singoli prodotti sono decisi in autonomia dai venditori, professionali e privati, che vi operano, nondimeno l’utilizzo del nostro sito comporta il divieto di violare la legge, i diritti altrui o le nostre regole e agiamo nei confronti di eventuali violazioni.
Ma questo è solo un esempio ed io l’ho chiamato marketing reattivo.
Forse però avrei dovuto chiamarlo marketing dell’ansia.