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Case study: Pepsi

Case study: Pepsi

di Giovanni Sodano Dicembre 10, 2018

Nel mondo moderno occidentale forse esistono davvero poche persone che non conoscono la Pepsi. Probabilmente, però, molte di queste ignorano la storia dell’azienda che si trova dietro al marchio di una delle bevande più consumate ed apprezzate di sempre.

Questa multinazionale americana è nata ancora prima di quanto potresti pensare, ma come accadeva per tante aziende, non era ancora una multinazionale, ma qualcosa di più piccolo e famigliare.

Le origini della Pepsi

Con il termine Pepsi oggi siamo soliti indicare sia la bevanda sia l’azienda che la produce. Proprio quest’ultima ci interessa in questo momento.

La Pepsi è nata da un’idea di Caleb Bradham, un farmacista della Carolina del Nord, che nel 1880 iniziò a metterne a punto le ricetta. Il nome di Pepsi Cola venne coniato sempre da Bradham nel 1898, e diventò un marchio registrato nel 1902.

Tuttavia, non fu tutto rose e fiori per il creatore della bevanda, che nel 1931 dovette addirittura dichiarare bancarotta. Per questo la ricetta e il marchio della bevanda vennero subito acquistati da Charles Guth, che era il proprietario di un’azienda di sciroppi che si trovava a Baltimora.

Anche Guth ebbe il suo bel daffare nel momento in cui decise di iniziare a smerciare la bevanda nei negozi di caramelle che collaboravano con lui, e il tutto si concluse, dopo un processo, con la decisione di prendere direzioni diverse.

La Pepsi iniziò ad espandersi realmente alla fine degli anni Sessanta e pian piano iniziò ad acquisire molte altre aziende, come la Tropicana, la Quaker Oats e anche la Aunt Jemima, molto famosa negli Stati Uniti.

Già dalla narrazione relativa alla nascita di quest’azienda potrai capire quanto sia importante non demordere, e cercare, anzi, di carpire quelle che possono essere le possibilità che il mercato può proporre, anche in momenti inaspettati.

L’origine del nome Pepsi

Per scoprire il motivo che si trova dietro la nomenclatura attuale della Pepsi è necessario tornare al 1800 quando Bradham mise a punto la sua prima creazione. Originariamente, la sua cola si chiamava semplicemente “Brad’s Drink” un nome non certo incisivo, e non molto originale.

Se pensi, poi, che questo prodotto doveva cercare di competere con la già inventata Coca Cola, puoi ben immaginare quanto fosse difficile arrivare ad ottenere dei risultati che fossero incoraggianti.

Tuttavia, l’idea di Bradhman era buona, e vedeva anche un altro intento: ottenere una cola che fosse priva degli stimolanti, come l’estratto di cocaina, contenuti nella Coca Cola.

Dopo essere diventato famoso nella sua cittadina d’origine, il creatore della Pepsi decise di cambiare nome alla sua bevanda, ed in particolare di sfruttare quelle che erano le sue conoscenze farmaceutiche.

Rifacendosi all’azione digestiva della bevanda, Bradhman scelse il nome di Pepsi che a riferimento alla dispepsia, la così detta indigestione.

Bere la Pepsi, quindi, avrebbe aiutato a digerire, e in effetti ancora oggi molti la scelgono proprio per poter digerire al meglio.

La Pepsi e il naming

Pur non conoscendo nulla delle tecniche di naming, il creatore della Pepsi ha fatto una buona scelta nel rinominare il proprio prodotto.

Infatti, ha scelto un nome che ancora oggi è unico. Innanzitutto, Pepsi è una parola che spesso non viene associata a nulla, che non ha un significato particolare se non si conosce la storia della bevanda.

Inoltre, esso è quasi onomatopeico: sembra imitare il rumore della bottiglia o della lattina al momento dell’apertura, ricordando, quindi, ai consumatori quanto può essere bello soddisfare la sete con una bevanda frizzante. Il nome è corto, facile da ricordare e non può essere storpiato in modo particolare nelle diverse lingue che appartengono ai Paesi nei quali la bevanda viene commercializzata.

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